Riletture, esercizi, divagazioni sulle orme di Calvino Carlo Simoni, Collezione di storie, Castelvecchi 2020 (pp. 207, euro 20)


Ho sempre riferito, in questi Appunti, dei libri letti. Non di quelli che ho via via scritto, per i quali ho preferito ricorrere a un confronto diretto con i lettori nel corso delle presentazioni in libreria. Anche di Collezione di storie si sarebbe dovuto parlare, prima dell’estate, ma le limitazioni imposte dalla pandemia hanno reso ovviamente impossibile realizzare l’incontro, ed è difficile prevederne una nuova data.
Segnalo dunque in questa sede l’uscita del libro, riportandone la nota introduttiva. Si tratta di una raccolta di racconti che interesseranno certamente i lettori affezionati di Italo Calvino, ma potranno coinvolgere anche chi della sua opera ha una conoscenza parziale o lontana nel tempo.
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«Se i libri sono rimasti gli stessi (ma anch’essi cambiano, nella luce d’una prospettiva storica mutata) noi siamo certamente cambiati, e l’incontro è un avvenimento del tutto nuovo» assicurava Italo Calvino.
Se poi, nel frattempo, la scrittura è entrata a far parte delle proprie esperienze, rileggere non sarà l’unica via per rivisitare gli scrittori prediletti: anche scrivere sulle loro tracce potrà essere un modo di esprimere quella cura che tutti gli amori di lungo corso richiedono.
Del resto, lo stesso Calvino, non sembra deprecare esperimenti del genere: «Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente. Adesso» scrive nel 1960 «il ciclo è fatto, è chiuso, è lì, per chiunque voglia studiarci sopra o divertircisi; io non c’entro più».
Da I nostri antenati inizia appunto questa rivisitazione di alcune delle opere dello scrittore: riletture che si traducono in racconti o, più propriamente, in “esercizi”, e si propongono non tanto di sviscerare il proprio oggetto e di rinvenirvi aspetti o significati nuovi, quanto di poter rinsaldare, sperimentandola in modo diverso, una vicinanza che si sente viva, una consonanza che torna ancora una volta a vibrare. Esercizi che si risolvono dunque in un confronto con i testi memore degli incontri precedenti e aperto a cogliere messaggi e rimandi inattesi, a percepire risonanze che non si erano prima avvertite, motivi di identificazione con i personaggi che si traducono nel desiderio di ritrovarli quali protagonisti di vicende inedite.
È davvero scomparso, il Barone, il giorno in cui si è lasciato trascinare sul mare dall’ancora della mongolfiera cui si era aggrappato? La coerenza e l’integrità con cui il Cavaliere arginava la propria inesistenza non hanno conosciuto deroghe, non hanno mai ammesso digressioni, se non trasgressioni? E il dottor Trelawney, il prudente artefice del ritorno del Visconte all’interezza, che cosa nasconde nel proprio nome? Soltanto l’implicito omaggio dell’autore all’Isola del tesoro, o un passato inimmaginabile, un’identità segreta?
Da domande simili, che nel loro stesso porsi suggerivano spunti narrativi stimolanti, sono nati un possibile seguito della storia di Cosimo, il racconto di un duello dimenticato di Agilulfo, la contaminazione tra la vicenda di Medardo e quella narrata da Stevenson.
E Marcovaldo: di certo non potrebbe, oggi, non incontrare coloro che abitano la città da stranieri, in una condizione di marginalità che, sia pure in grado e modi diversi, non gli è del tutto estranea. Ma – questa la domanda successiva – le sue stagioni si sono davvero consumate sempre e solamente nell’ambiente urbano, o con la moglie Domitilla ha potuto andare a vivere in luoghi diversi, tali, almeno nelle aspettative, da promettere avventure inaspettate a lui e ai suoi bambini? E a proposito di avventure: tra Gli amori difficili, accanto all’Avventura di un viaggiatore non poteva comparire – quasi a ricalco – quella di uno scrittore, giustificata premessa alla successiva, di un lettore?
Gli “esercizi” qui raccolti si allontanano progressivamente dai testi su cui si sono applicati e prendono a divagare, in compagnia di un Qfwfq che non si sa rassegnare alla protervia assurda di un presente che gli appare più remoto delle ere da lui attraversate; di un signor Palomar che nella sua casa di campagna non smette di interrogarsi sulla forma, il numero, la durata che disegnano il mondo; di un sedentario quanto enigmatico Marco Polo.
Queste “riletture” che si configurano come “esercizi” e via via come “divagazioni” non potevano evitare di confrontarsi con il tema, essenziale in Calvino, della relazione fra il vivere e lo scrivere. Presente nel racconto della vicenda di Agilulfo e in quello dell’avventura di uno scrittore, il tema si fa nell’ultimo perno di una narrazione che, prendendo le mosse dal motivo di Collezione di sabbia, si nutre delle suggestioni che ad ogni lettura vengono da Se una notte d’inverno un viaggiatore, e si conclude così nella convinzione che «il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l’inevitabilità della morte».
Brescia, 3 luglio 2020
Carlo Simoni
www.secondorizzonte.it