Siamo alle solite L'intervento di Carlo Alberto Romano
Un nuovo contributo di Carlo Alberto Romano, docente di Criminologia in Statale a Brescia, dove è anche prorettore all’Impegno per il territorio.
La cronaca dà conto dei gravissimi fatti di violenza perpetrati nei corridoi e nelle stanze, fuori dal campo visivo delle telecamere, dell’istituto penale minorile di Milano.
Attendo le interviste dei vertici ministeriali, sapendo già che si ricomincerà a parlare delle poche mele marce che non possono mettere in cattiva luce l’immagine del corpo di polizia penitenziaria, meritoriamente dedito al lavoro nel rispetto delle regole condivise dalla collettività.
Mah.
Innanzitutto le “poche” mele, proprio poche non sembrano essere, almeno ad ascoltare la descrizione giornalistica che riferisce di una ventina di appartenenti alla polizia penitenziaria, divisi nei diversi ruoli coinvolti.
E poi quest’idea del marciume, cioè di un ricorso alla violenza nel gestire i rapporti con i ragazzi reclusi, come di un fatto episodico, del tutto estraneo alla realtà nella quale si manifesta, non convince.
Come emergerebbe dalla narrazione mediatica e quindi sempre con il beneficio della presunzione di non colpevolezza, i poliziotti penitenziari si sarebbero organizzati, mediante occulti accordi, per evitare che le rispettive condotte si palesassero come illecite e addirittura l’ex comandante potrebbe aver agito direttamente per “coprire” le violenze agite dal personale sottoposto alla sua autorità, anziché denunciarle e comunque provvedere, ponendovi fine.
Sorge in me una curiosa, e allarmante, impressione di totale similitudine con una serie TV, messa in onda da Sky nella sua seconda parte proprio in questi giorni, il cui protagonista è Luca Zingaretti, in questa parte decisamente meno amabile del commissario che lo ha reso famoso, e nella quale “il sistema carcere” si comporta in modo del tutto analogo alle suddette mele marce; certamente imuovendosi n direzione contraria rispetto alle indicazioni normative e costituzionali.
Dobbiamo preoccuparci? Direi di si: una trama di fantasia che propone condotte -altamente deplorevoli- riscontrate poi nella realtà dei fatti, non può non suscitare inquietudine.
Ciò che dobbiamo aver ben chiaro è che se esistono fiction da cui emerge un sentimento di tolleranza della violenza, il contesto patologico cui si ispirano non può essere liquidato ricorrendo alle solite “poche mele marce”.
Nono sono mele: è il male. Un banale cambio di vocale che spiega tutto.
La banalità del male.
Carlo Alberto Romano
Brescia, 26 aprile 2024