Coltelli e mattarelli. L'intervento di Carlo Alberto Romano
Un nuovo contributo di Carlo Alberto Romano alla nostra newsletter. Docente di Criminologia all’università degli Studi di Brescia dove è prorettore all’Impegno sociale per il territorio, Carlo Alberto Romano è anche presidente dell’associazione di volontariato Carcere e Territorio.
La mia attenzione di criminologo è attirata da una maxirissa scoppiata a Pasquetta nelle strade di Bari, in un gruppo di donne, ripresa dai cellulari dei presenti e postata in video su WhatsApp. L’aggressione sarebbe stata generata dalla contesa di un uomo tra alcune donne della stessa famiglia. Compare un mattarello in legno e poi calci, pugni, tirate di capelli. Un passante in scooter urla loro di calmarsi, ottenendo scarsi risultati fra le protagoniste della rissa.
Rilevo il parallelo fra questo episodio e quello accaduto a Tormini di Roè Volciano una decina di giorni fa e la clamorosa asimmetria mediatica suscitata dai due accadimenti, entrambi documentati da video presenti in rete.
Vero che cambia l’arma, qui un’arma da taglio là un mattarello, a dimostrazione dell’ambientazione forse meno “rusticana” della vicenda barese rispetto a quella bresciana, ma uguale è il genere delle protagoniste, analoga la scena di aggressività, identiche le modalità di registrazione e immediata diffusione attraverso i social, sovrapponibile l’indifferenza dei presenti e simili le motivazioni legate a una rivalità affettiva.
Qual è l’aspetto palesemente differente? L’età e la provenienza etnica delle protagoniste. Nel bresciano adolescenti, figlie di immigrati, in puglia, adulte, percepibili come autoctone per via dell’aspetto e dell’accento.
E’ sufficiente questo per giustificare la differenza di investimento narrativo nei due episodi, con quello bresciano apparso e commentato in quasi tutti i telegiornali del paese e quello barese relegato alla diffusione locale? Evidentemente si. Ma ciò induce anche ad alcune riflessioni.
Se appaiono comprensibili lo sgomento e le analisi sulla inadeguatezza degli spettatori, assai più impegnati nel documentare che nel tentare di risolvere il conflitto, viene da chiedersi per qual motivo sgomento e conseguenti dissertazioni sociopsicopedagogiche non decollino quando a picchiarsi e ferirsi sono adulte locali, comunque riprese dai cellulari dei presenti e parimenti diffuse dai social.
L’aspetto che ha colpito di più, evidentemente, della vicenda bresciana, è che fossero coinvolte ragazze, per di più immigrate di seconda generazione. Vale a dire il concentrato delle condizioni che sembrano destare maggiore preoccupazione in questo momento. Giovane età e immigrazione.
Categorie vissute dal mondo degli adulti come le più difficili da affrontare, comprendere, gestire. Categorie in forza delle quali si modifica il tradizionale assetto della passeggiata in centro di sabato pomeriggio, evitando alcune piazze o percorrendole solo dopo aver constatato la presenza delle forze di polizia. Ma anche categorie con le quali il mondo degli adulti non parla. E non cerca in alcun modo di riallacciare le relazioni che il Covid ha cosi drammaticamente reciso. E non cerca di capire perché quegli spazi urbani da cui i ragazzi si sentono esclusi possono diventare terreno di battaglia e di conquista.
Vabbé, si dirà, roba da politiche di sicurezza e di integrazione del Comune, io cosa ci posso fare? …qualcosa si potrebbe fare.
Per esempio potremmo cercare di sapere come si chiamano i figli dei nostri vicini di casa, che scuole frequentano, che problemi hanno, se ne hanno, cosa pensano del paese in cui vivono e quali sogni hanno per quanto diverranno adulti. Insomma parlare con loro. Magari scoprendo che in fondo vivono agi e disagi non così diversi da quelli dei nostri figli e che condividerli, parlandone, aiuta comunque tutti. Forse non risolverà i problemi di piazza Vittoria e della stazione, ma almeno servirà ad avere meno paura di chi, semplicemente, non conoscevamo.
Carlo Alberto Romano
5 aprile 2024
Brescia, 5 aprile 2024